Quella della coltivazione dei tartufi è un’attività tutta in divenire, che con gli anni si è andata affinando sempre di più, con risultati diversi a seconda delle specie: oggi cercheremo di scoprire insieme se la coltivazione del Tartufo Bianco è possibile e, soprattutto, se è vantaggiosa a livello economico.
Tartufi: come si coltivano?
Tante sono le specie di tartufo che allietano le nostre tavole, tutte con caratteristiche di odore, sapore, pezzatura e prezzo diverse, ma tutte con una caratteristica comune, quella di essere un prodotto spontaneo della terra: da che mondo è mondo, i tartufi nascono e crescono spontaneamente in specifiche aree boschive, in specifici periodi dell’anno, ed in simbiosi con particolari piante.
Tutti i tartufi per svilupparsi adeguatamente hanno bisogno di terreni calcarei, con ph alcalino, senza ristagni e bene areati, e a seconda della specie cambiano anche le preferenze “di simbiosi”.
La tecnica di coltivazione dei tartufi, che negli ultimi anni ha ottenuto risultati abbastanza buoni, soprattutto per quanto riguarda alcune specie, è ancora in via di sviluppo e, fondamentalmente, si basa su queste fasi:
- Valutazione attenta delle caratteristiche chimico-fisiche del terreno e condizione climatiche della zona dove si vuole intraprendere la coltivazione.
- Verifica della presenza nelle zone limitrofe di tartufi della specie di cui si vuole avviare la coltivazione (la presenza di tartufi spontanei nelle vicinanze aumenta la percentuale di successo della coltivazione)
- Acquisto di piante “micorizzate”, le radici delle quali sono state colonizzate con le spore del tipo di tartufo che si desidera impiantare.
- Messa a dimora delle piante nel terreno prescelto, che sarà stato precedentemente arato e dissodato, e che dovrà essere costantemente curato, irrigato e mantenuto libero da piante infestati.
Con po’ di fortuna, se le piante saranno state ben micorizzate, entro 7-10 anni, cominceranno a svilupparsi i primi tartufi.
Tartufo bianco: si può coltivare?
Fra i vari tentativi di coltivazione che si sono susseguiti con il passare degli anni, i risultati migliori si sono avuti con lo Scorzone ed il Bianchetto che sono i più adattabili in assoluto, ma per il Tartufo Bianco Pregiato le cose non sono andate così bene.
Per quanto riguarda il re dei tartufi, il più aromatico, il più pregiato, il più raro (ed il più costoso), tentativi di coltivazione sono stati e continuano ad essere effettuati, ma con risultati non soddisfacenti.
Questo tartufo di cui l’Italia è praticamente l’unica esportatrice al mondo, si sviluppa in due principali aree della nostra penisola:
- Lombardiea e Piemonte.
- Area appenninica del centro Italia.
Cresce in terreni arieggiati e freschi, ombrosi, come i fondi valle, i boschi, le rive dei fiumi, e come piante simbionti, preferisce in assoluto:
- Il tiglio
- Il nocciolo
- La roverella
Le zone vocate ad una coltivazione ottimale sono però molto poche: il Tartufo Bianco non è facilmente adattabile, e richiede particolari caratteristiche chimico fisiche del terreno, oltre ad avere un’aspettativa di sviluppo molto più lunga rispetto alle altre specie: nei rari casi in cui si riesce ad avviare una coltivazione, per avere una produzione degna di nota, si devono aspettare anche 15 anni.
La risposta al quesito con il quale abbiamo aperto questo articolo è quindi: sì, teoricamente il Tartufo Bianco si può coltivare, ma sicuramente (almeno per ora) non è assolutamente conveniente farlo, per due motivi fondamentali:
- L’incertezza del risultato.
- I lunghissimi tempi di attesa.
D’altronde, se questo vero e proprio “oro bianco” non fosse così difficile da ottenere a comando, non si giustificherebbe la richiesta di livello per il tartufo bianco in tutto il mondo.
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